Punta tacco-tacco punta. Il candido mondo della danza, con i suoi impalpabili tutù e i muscoli scolpiti come pietre su corpi leggeri come piume, rimanda da sempre ad un concetto di pura eleganza e impeccabile portamento, degno della più elevata femminilità.
Ma cosa succede se anche questo immaginario, così romantico e fiabesco, si tinge di nero strizzando il suo occhio inquietante con sorriso beffardo, a chi guarda quasi spaventato la dolce fanciulla che ad ogni piroetta diventa sempre più angosciante e rigida come una corda di violino?
Black swan, il film di Darren Aronofsky che ha aperto la 67ma Mostra internazionale d’Arte cinematografica di Venezia e che ha visto la sua protagonista Natalie Portman aggiudicarsi l’oscar come migliore attrice, decide di parlare proprio del lato oscuro di una giostra, quella della danza, che da sempre ci sembra scorrere fluida e romantica.
Oltre alla trama, che sicuramente ha colpito e lasciato una scia d’inquietudine, è necessario sottolineare come ancora una volta, cinema e moda vadano a braccetto e riescano a fare “scacco matto” in un colpo solo. Stavolta è il caso delle sorelle Kate e Laura Mulleavy, fondatrici del marchio nato del 2005 Rodarte, che hanno creato i sette abiti di punta del film in collaborazione con la costumista Amy Westcott.
Addio candido bianco, largo al macabro nero, per abiti in tulle, seta e piume, arricchiti per l’occasione da materiali innovativi come il macramè, il vinile, la pelle, e i diamanti swarowsky, non a caso sponsor del film, per rispecchiare l’animo inquieto di una Portman, che sullo schermo non sembra quasi lei dietro l’appariscente e irriverente make up.
Una nuova e cupa visione del rassicurante cigno bianco, nel film tutto tranne che rassicurante, che sembra quasi sposare la visione grottesca e decadente della danza Giapponese Butoh degli anni Cinquanta, per esprime la nevrotica competizione, unita ad una determinazione quasi ossessiva, e rappresentata poi egregiamente anche dallo spessore degli abiti creati ad hoc.
Ma cosa succede al di fuori del proficuo sodalizio tra moda e cinema?
Accade che come uno schiocco di dita, il giorno dopo l’uscita del film siamo tutti, o quasi, “Black Swan”. Guardiamo, copiamo ci ispiriamo e diamo il via alla nuova tendenza che sarà poi spunto delle collezioni portate in passerella.
La giostra è sempre la stessa, il giro anche! Ma non ci lamentiamo se i risultati sono abiti che oltre ad esprimere un vero e proprio stato d’animo, sono delle vere e proprie opere d’arte, dalle lavorazioni dei tessuti alle applicazioni passando per i tagli sartoriali. A tal punto che le sorelle/designer, hanno esposto al Moca di Los Angeles i vestiti di scena appesi al soffitto come se vivessero di vita propria e bastasse l’aria circostante per fargli prendere vita.
E come si dice, meglio prendere due piccioni con una fava, e allora perché non aggiungere ai piumati tutù anche 20 pezzi delle collezioni passate, tanto per non offuscare anni di duro lavoro, vista forse anche la delusione di non aver ottenuto nessuna statuetta.
Le tendenze sono ormai monopolio del cinema e della moda, e a volte basta acquistare il biglietto di un film per uscire dalle sale con una concezione totalmente diversa di una situazione, di un sentimento, ed ora anche della moda e dello stile.
Insomma, dimmi che film hai visto e ti dirò come ti vesti, non per mancata personalità, ma perché il cinema continua a rappresentare il canale più attraente nel quale infiltrarsi e puntare il suo obiettivo, il gusto della gente.