“Un buon fotografo è una persona che comunica un fatto, tocca il cuore, fa diventare l’osservatore una persona diversa.” (Irving Penn)
Irving Penn , il gigante americano della fotografia, è riuscito sicuramente a raggiungere attraverso i suoi scatti la vera essenza dell’ immagine. Un’attenzione maniacale per tutti quegli elementi necessari ad esprimere, attraverso il suo obbiettivo, il suo immaginario ma soprattutto la sua concezione di bellezza ed estetica, spesso riconducibile ad una pulizia ed una meticolosità ossessiva.
Un’essenzialità glaciale racchiusa in servizi scattati esclusivamente su pannelli bianchi in studio, come se solo la luce posata sull’espressività del soggetto, potesse esprimere la vera essenza della perfezione.
Per la prima volta, un’eccellenza tecnica che non svanisce semplicemente dopo aver impresso con la macchina fotografica il suo soggetto, ma che rimane insita nella fotografia e riemerge ogni volta che la si guarda.
Parlare oggi della vera bellezza è un’utopia, per lo più soggettiva, difficile da ritrovare in un sistema nel quale gli stereotipi sono sempre più ristretti ed esaltati, ma con la sua visione di un semplice istante, Irving Penn, ha saputo tracciare tramite un’emozione visiva, le linee che ne esprimono l’essenza più pulita.
Sostenitore del “Less is more”, ovvero ottenere con il minimo essenziale il risultato più convincente e ammaliante, non considerava gli elementi decorativi all’interno dell’inquadratura un punto di forza, ma al contrario li reputava intrusi che potessero rubare dal suo soggetto la sua carica emozionale più forte e privata. Più di 100 copertine firmate per Vogue, la rivista patinata di moda più conosciuta al mondo, ha spesso riportato la sua tecnica anche nelle foto di nudo degli anni 50, meno conosciute rispetto i suoi ritratti, ma sicuramente che meglio esprimono la sensibilità visiva di un uomo che amava trasmettere a linee e curve un armonia perfetta, grazie all’immancabile uso di luci ed ombre che rendevano il bianco e nero, il suo binomio cromatico preferito, i colori più pieni e densi del mondo.
Un modello di bellezza quello che immortalava, che si allontanava di molto dai tipici canoni estetici dell’epoca, attribuendo a una carnalità classica più rotonda e sinuosa, la vera etichetta di bellezza.
Per lui la vera bellezza nasceva dallo studio di ogni dettaglio sul set,la posizione delle luci, le ombre che ne scaturivano, fino poi alle pose e alle simmetrie delle forme, un insieme di elementi che doveva necessariamente combaciare con una forte e penetrante espressività.
Da considerare fortunato chiunque sia stato immortalato da questo fotografo, che oltre ad essere esigente e meticoloso, immortalava solo chi, secondo lui, potesse arrivare a toccare gli occhi e gli animi degli osservatori.
Ed ecco quindi che attraverso le sue foto, la bellezza e la perfezione esplodono con rigore e prepotenza da immagini che sembrano semplici momenti statici cristallizzati nel tempo, ma che una volta guardate catturano l’osservatore fino a farlo entrare, in punta di piedi, nella visione del mondo di un gigante, che riusciva a vedere nel bianco e nero all’interno di due pareti bianche, un mondo in realtà pieno di colori e movimento.