“Vorrei che pur continuando a far sognare, la moda diventasse etica, senza che ci sia la necessità di sottolinearlo.”
Nascerà una nuova tendenza dal trio “petrolio” – “plastica” – “moda”?
Fashion e-Zine vorrebbe sapere cosa ne pensa a riguardo un designer, la mente creativa che interpreta, elabora e materializza i propri pensieri, quella persona da cui tutto ha inizio.
Ilaria Venturini Fendi, ci concede un’intervista raccontandoci del suo lavoro con Carmina Campus, ed esprime la sua opinione riguardo le tendenze del futuro e di come, alcuni avvenimenti, possano influire sulla moda.
Con il progetto Carmina Campus hai voluto in qualche modo ritagliarti un “piccolo-grande” spazio nel mondo della moda, intraprendendo un percorso molto personale. Parlaci di questo bellissimo progetto.
Carmina Campus è un progetto nato quasi da sé, dopo un cambiamento significativo avvenuto nella mia vita quando decisi di lasciare il gruppo di famiglia, in cui per anni avevo lavorato nel team creativo per diventare imprenditrice agricola di un’azienda biologica. In quel momento pensavo a un addio definitivo alla moda, e per diverso tempo mi sono occupata felicemente solo della campagna. Ma è stato proprio dedicarmi alla natura, a progetti sociali ed ecosostenibili che mi ha permesso di ritrovare un entusiasmo perso da tempo e delle forti motivazioni per tornare sui miei passi, riappropriandomi anche della mia creatività. Con il riciclo, o forse sarebbe meglio dire il riuso dei materiali che sono alla base di Carmina Campus, sono tornata così ad essere una designer di moda, felice di avere oggi due lavori che si completano e che mi appagano.
La figura del designer è molto vicina a quella dell’artigiano, con la sua manualità sofisticata e il suo talento innato. Ed ecco che, come sempre, moda e arte si fondono; dove c’è arte c’è anche poesia e quindi grandi ispirazioni. A volte sono illuminazioni inaspettate di un attimo, altre intuizioni derivate da un attentissimo studio di concetti, situazioni e soprattutto emozioni. Ilaria, dove trovi le tue ispirazioni?
Qualunque oggetto, decontestualizzato, può essere visto come materia prima per una nuova ispirazione. Nel mio lavoro volto al riciclo, i materiali sono spesso la scintilla per attivare l’idea. Altre volte capita di avere qualcosa in testa che non trova una forma fino a che non mi imbatto per caso nel materiale che mi permetterà di realizzarla.
Cosa ti piace dell’essere una designer e cosa invece non ti piace?
Ho avuto la fortuna di potermi reinventare il mio vecchio lavoro, che in alcuni momenti ero arrivata anche a detestare e di cui non vedevo più il senso, ora ho trovato un approccio nuovo che me lo fa amare tantissimo. Trovo che tutto sia soggettivo e che la cosa più bella sia quella di usare la parte più creativa del nostro cervello, che se viene poi abbinata alle giuste motivazioni rende il tutto ancora più piacevole.
Il millennio delle grandi crisi prevede anche quella legata all’esaurimento di una delle risorse più importanti per l’economia mondiale, il petrolio. L’interrogativo che si è posto Fashion E-Zine riguardo questa problematica è se la plastica, uno dei derivati più diffusi del petrolio, potrebbe in qualche modo divenire un “bene di lusso”, e di conseguenza essere catturato dal mercato del fashion, che da sempre non se ne lascia scappare uno.
Dunque, visto il progressivo esaurimento del petrolio e la consequenziale sopravvalutazione della plastica, fino ad oggi sinonimo di risparmio, come credi reagirebbe la moda? Pensi che l’utilizzo di questo materiale, insieme a questo nuovo immaginario, possa portare all’ideazione di nuove forme e stili dando così vita a nuove tendenze?
||Non escludo che ci possa essere il tentativo di attribuire alla plastica, materia prima alla base della democratizzazione del design, lo status di materia di lusso. Effettivamente nella moda c’è una certa perversione che a volte tende ad acquisire o a perseverare in abitudini sbagliate… Io penso però che pur essendo stata protagonista di un’evoluzione epocale, la plastica sia oggi un discorso vecchio e già ampliamente toccato. Potrà essere un lusso possedere un oggetto di plastica del passato, oppure riutilizzare la plastica esistente, specialmente quando questa sarà esaurita o abolita. Ma esaltarla perché in via di estinzione lo troverei irresponsabile e molto superficiale. La moda è da sempre apportatrice di nuove tendenze quindi credo sia più giusto che si concentri su materiali innovativi con uguali caratteristiche, che la soppiantino presto.
La plastica è un materiale sicuramente poliedrico, che si presenta ad essere manipolato secondo le varie esigenze. Qual è l’approccio di un’artista verso questo materiale e quanto le sue caratteristiche influenzano la sua creatività in fase di progettazione?
Duttilità, praticità, economicità e serialità di lavorazione sono le caratteristiche che hanno reso la plastica universale, un materiale perfetto per realizzare qualunque idea di un designer. Ma proprio queste caratteristiche, applicabili a infiniti progetti creativi hanno fatto si che anche il più remoto angolo del mondo ne sia contaminato. Oggi al designer viene chiesto di pensare anche a tutto il ciclo vitale di un materiale prima di applicarlo ad un oggetto, con la consapevolezza del suo impatto presente e futuro sull’ambiente.
Si parla da tempo di una moda futuribile che vede come prossima tappa lo spazio inteso come galassia. Come si muoverà secondo te una moda che da sempre è legata al passato e al revival?
Mi piacerebbe che si superassero questi continui revival degli anni ’50 – ’60 – ‘70 per cercare qualcosa di nuovo che rispecchi realmente i nostri tempi. Lasciamo che gli oggetti passati diventino oggetti vintage, di culto e concentriamoci su materiali più innovativi, che ci permettano di iniziare percorsi nuovi. Le aziende più importanti potrebbero accelerare tutto ciò, promuovendo questo tipo di ricerca con un’ottica durevole e quindi proiettabile nel futuro.
Come ti immagini la moda del futuro?
La moda è ostentazione, e da quello che ostenti si vede quello che pensi. Io credo che ci stiamo avviando verso un’epoca di maggiore interiorità e individualità, in cui conterà più l’ostentazione del pensiero che quella del lusso, o almeno me lo auguro… Vorrei che pur continuando a far sognare, la moda diventasse “etica”, senza che ci sia la necessità di sottolinearlo.