” Et Dieu crèa ..la femme” è il titolo del film di Roger Vadim del 1956, che rese celebre la giovanissima Brigitte Bardot, musa ispiratrice nonchè chiave di lettura, di un concetto di donna che si afferma prepotentemente nella collezione invernale disegnata da Marc Jacob per Louis Vuitton. Una donna vera e finalmente più in carne che ossa, e con una morbida e sinuosa silhuette come quella delle tante neo mamme che hanno indossato le creazioni della maison francese: ad aprire la sfilata infatti una Laetitia Casta che volutamente ci ricorda Brigitte Bardot , grazie anche alla scelta dell’acconciatura tipicamente anni 50′: la coda alta passata alla storia come ” coda alla BB”. A seguire Karolina Kurkova, BarRafaeli e una statuaria, nonchè tre volte mamma, Elle Mac Person.
E dove non ci ha pensato madre natura a  regalare curve cosi generose, hanno posto rimedio push up  e bustier per esaltare il punto vita, scrigno della femminilità di quegli anni. Forme generose  anche per le gonne a corolla rigorosamente sotto al ginocchio,  su cui ricadono cappotti ampi che esaltano la naturalezza delle curve, il tutto incorniciato da una scarpa  comoda: un tacco basso a campana vezzosamente  accompagnato da un fiocco. La rigidità è concessa solo agli acessori e alle borse vintage, in fatture preziosissime come lo struzzo e il  coccodrillo. E’ invece la sera che l’  abito diventa pomposo e ricco di balze, per una classe d’ altri tempi degna della suggestiva location: lo splendido cortile del Louvre.
 Una donna   poliedrica dalle mille anime, rappresentata a volte scegliendo coraggiosi  verdi belllici come Junya Watanabe  e  Burberry, altre volte in modo rigoroso e austero, per non dire monalcale, come  Jil sander, che sembra gridare perentoriamente:” grigio, grigio e  ancora grigio”. Dai toni più glaciali quasi metallici ai toni plumbei  del grigio fumo di Londra, la donna appare intrnasigente, criptica e sfuggente.
Monocolore anche per Hannah Mac GIibbon, nuova direttrice creativa della maison Chloè, che porta in passerella un trionfo di beige , cammello e sabbia su abiti dai tagli sartoriali dettagliati e raffinati. Tessuti voluminosi e caldi si alternano alla seta che drappeggia sinuosamente il corpo femminile, quà e là un tocco di pelliccia, arricciature e frange che richiamano il far west. Il best seller della collezione? Indubbiamente il cappotto cammelllo lungo fino ai piedi e stretto in vita.
C’ è chi poi come Marni ama il rigore della geometria, che utilizza anche nelle sue famose stampe prediligendo colori  decisi. La sua sfilata è una vera e propria opera d’ arte contemporanea, in cui il  colore è steso su cuciture nette senza però rinunciare ad un tocco  di vezzo e frivolezza, come la splendida calza sotto il ginocchio semi  trasparente, o il sublime il girocollo di sfere metalliche che avvolge il  collo femminile di una donna  concettuale e comlplessa.
 Sembra uscita dal mondo delle fiabe invece la donna di Karl Lagerfeld per Chanel. Una regina delle nevi che alterna cappotti caldi e voluminosi da yeti, a  gonne corte in lana e tailleur in tweed: la maison Chanel infatti non sa  rinunciare alla gonna sopra il ginocchio, solo che al posto di tacchi vertiginosi prendono la scena ovattati  moon boots di pelo.
 E che dire poi del genio creativo di couturier come Jean Paul Gaultier e  Jhon Galiano, che incarnano perfettamente lo spirito più puro insito in ogni forma d’ arte francese:  lo sperimentalismo.
 Giocare  con l’ identità etnica e culturale della donna: questo è il diletto di  Jhon galiano e Jean Paul Gaultier. Il primo ama esagerare nel vero senso  della parola, con cappotti oversize e surreali che avvolgono moderne bambole  russe, davvero teatrale poi il maxi cappotto terminante con un candidio e  vaporoso piumaggio. Il secondo da vita ad un carnevale variopinto e multietnico con calze  verdi vitaminiche a cui vine sovrapposta una calza pesante in lana  ricamata con motivi natalizi, peatcoat con fodere cinesi, turbanti  africani e ancora pantaloni harem, sandali platoform, collane masai, gioielleria  iraniana e giacche da biker. Musa ispiaratrice  è la modella russa Sasha Pivivarova,  che algida e irriverente allo stesso tempo, rappresenta la donna dai mille volti  del couturier, una donna forte e decisa, ma soprattutto che ottiene ciò che desidera.
 C’ è chi invece compie un’autocitazione vera e propria come  Christophe Decarnin, che  ha dichiarato di essere ossessionato dai  disegni di Pierre Balmain , fondaore della maison. La collezione  invernale è riassumibile nella descrizione di un solo pezzo, il gioiello delle creazioni invernali che la rivista Velvet ha scelto  comme pezzo unico per il suo numero 49: ”   Questa la realizzazione   del  ramage dell ‘ abito:”… ottenuto con micropillettes metalliche nei  toni dell’ oro d e del viola, applicate a sensi inversi per ottenere le  increspature e le variazioni cromatiche . L’ orlo tagliato a vivo, ne  segue le evoluzioni.”
 C’è poi la sartorilaità italiana per eccellenza,  quella di Valentino, che da alla luce una donna dalla sensualità moderata,  una splendida bambola di porcellana ricoperta di voilant, ruches che  ricoprono le spalle e colli di abiti che scendono lungo l’abito come  grappoli, il tutto senza invandere gli spazi ma   trovando nella sobrietà  la chiave  della femminilità. Ciò che fa la differenza è tuttavia la scarpa in vernice che mette in risalto la caviglia,  rigorosamente a punta e costellata da elegantisse borchie.
A questo punto sorge quasi spontanea una domanda. Cosa avrebbe escogitato il genio di Alexander McQueen per il suo secondo show nel medievale palazzo della conciergerie  diParigi? Purtroppo possiamo solo immaginarlo, sorridendo al pensiero che solo otto anni fa, vi portò un branco di lupi veri!
 C ‘est tout.
